
Appena entrai al Venezuelos mi
accorsi come di essere sorvegliato, un mormorio tra alcuni buttafuori avrei
giurato che fossero riconducibili a me. Feci finta di niente, anche perché
niente altro potevo fare. Mi sedetti su un divanetto in disparte ma non troppo.
Dovevo comunque essere scelto da Carla. Dopo una breve esibizione di alcuni
giocolieri tipici da moda circense prese posto al centro del locale
l’esibizione di quella che già definii la venere nera. Oggi vestita da
crocerossina. Il vestitino bianco, che lentamente stava togliendo,
perfettamente contrastava la sua pelle nera. Lei mi si avvicinò, e nonostante
un mio tentativo di diniego, mi prese con se. Pensai subito che così sarebbe
stato quantomeno improbabile essere poi scelto anche da Carla. Mi strinse al
suo seno parzialmente schiarito da un pizzo bianco, così facendo si avvicinò al
mio orecchio.
“ Vattene subito.”
Rimasi di stucco per quelle parole
inaspettate e senza un senso apparente. Poi conscio che già mi tenevano
d’occhio cercai di far finta di niente. Stetti al gioco instaurato. L’aiutai a togliere le sue candide vesti per lasciar
posto alla sua pelle, che, nera come il peccato, si prendeva gioco e vincita da
ciò che convenzionalmente appare come puro e immacolato: il bianco. Come il
male contro il bene. O solamente i desideri reconditi che, in quel posto ai
confini della civiltà, trionfano contro un ipocrita perbenismo.
“ Che ci fai qui? Carla non c’è.”
Un altro fulmine a ciel sereno. Mi
chiesi quante cose ancora sapeva la venere nera.
“ Vattene!“ Ribadì lapidaria, come se non fosse certa che il suo
messaggio mi fosse arrivato preciso.
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