Tornai a casa di Carla nel primo
pomeriggio. Suonai il campanello ma non rispose. Entrai con le mie chiavi. La
trovai a letto, sotto le coperte. Non dormiva. La cornice non era
apparentemente più dove l’avevo lasciata. Carla si accorse che guardavo il comò
con espressione di chi cerca con gli occhi qualcosa che non c’è. Mi capiva
sempre al volo, fin dal primo giorno, dal primo momento.
Così la capivo anch’io.
Almeno credevo.

Disse semplicemente grazie.
“Ho fatto solamente il mio dovere.”
risposi, cercando con dell’ironia di minimizzare la cosa. Mi sentivo
imbarazzato, non avevo mai scritto parole d’amore. E non ero pronto a ricevere
complimenti.
“ Sono parole bellissime, le
porterò sempre con me, nel mio cuore, qualsiasi cosa possa succedere fra di
noi”
Non feci caso alle ultime parole
che lei disse. Non lo feci perché focalizzavo le prime, ovvero su quelle che promettevano
un legame inscindibile fra un mio pensiero ed il suo cuore.
Ciò mi riempiva di
felicità. E di orgoglio.
L’orgoglio
non è altro che un vizio che prima inganna le anime e poi le divora.
“Sei l’uomo più bello del mondo e
la miglior cosa che mi potesse mai capitare. Sei il mio punto di equilibrio.”
“ No, sono solo un uomo fortunato perché
ha vicino una stella. Ma non una qualsiasi: ho vicino la stella più bella.”
Le
parole non sono immortali. La loro vita è più breve di quel che si voglia
credere.
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