lunedì 25 giugno 2012

parte2.2


Mi ero appena finito di asciugare i cappelli che squillò il cellulare. Pensavo che fosse Carla. O lo speravo. Numero sconosciuto. Risposi. Una signorina mi confidava che era un’infermiera dell’ospedale e che avrei dovuto passare presso il loro reparto prima possibile anche se non era urgente. Era evidente che le due cose erano in disaccordo. Doveva essere solo un modo gentile per non farmi preoccupare. Presi lo scooter e mi precipitai là dove mi richiedevano.
“Sono Giovanni Novembre, mi avete poc’anzi…”
Non riuscii a finire la frase.
“Si, venga con me.”
Percorremmo tutto il corridoio, che in quel momento doveva essere lungo almeno qualche decina di chilometri, tanto mi sembrava interminabile. Entrammo in una stanza con due letti, di cui solo uno era occupato. Mi ci volle una frazione di tempo apparentemente infinita per capire che la persona tra quelle bende e quei tubicini di plastica era Carla.
Capii immediatamente: Tacos, il suo magnaccia, aveva riservato a lei lo stesso trattamento che aveva fatto a me. Ma a Carla andò decisamente peggio.
“Amore…”
Si rivolse a me con una voce fievole. Gli occhi mi s’ inumidirono. Corsi al suo fianco. La mia mano prendendole la sua rispose che c’ero. I cattivi pensieri della sera prima se n’erano andati.
“E’ stato Tacos? Vero?”
“Non pensarci”
“Questa volta è troppo”  risposi guardando verso la finestra come per cercare un arma.
“Questa volta lo uccido quel figlio di puttana”
Carla scoppiò a piangere. Quell’ultima parola per la prima volta le fece male.
Ricordo che altre volte, in migliori situazioni, le piaceva che alternassi parole dolci a schifezze immonde, così come le piaceva che le accarezzassi i capelli e che poi glieli tirassi.
Le versai dell’acqua in un bicchiere e le baciai la fronte.
Si calmò.
L’acqua a volte fa miracoli.
Mi guardò intensamente. E mi strinse forte la mano. A volte le parole sono inutili e fuorvianti. Il suo sguardo era pieno di belle parole. I suoi occhi mi spogliavano.
Il fiele che portavo dentro si trasformò in vaniglia.
Sbaglia chi crede che il mondo giri su di un asse…

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