L’infanzia di Carla non era diversa
da tante sue coetanee. Una madre che desiderava il meglio per la piccola, e ciò
che lei non era stata capace di essere. Era sempre su un piedistallo alto ed
intoccabile. Non esitava di metterla in mostra ad ogni occasione possibile: da
sfilate di moda di vestiti per bambini a concorsi mascherati in cui lei era
vestita da geisha, da coniglietta, da strega, con tanto di trucchi e di
accessori degni di donne mature disinibite. Lo scopo ultimo era quello di esibire la morbida
pelle e le asciutte forme velate sotto la piccola mascherina.
Il padre era per lo più occupato a
farsi agli affari suoi, indifferentemente quali fossero; escludendo parentesi fatte di attenzioni che
mal si addicono ad un infante. Fin dove arrivassero queste attenzioni Carla non
lo ammise mai. E non lo ammise mai nemmeno sua madre.
Carla consegui tutti gli studi con
sufficienza, fino all’università. Laurea in psicologia, voto finale novantatre.
Bastava finire. E fare contenta la mamma. Inoltre non era la professione che intendeva
intraprendere.
Poi il lavoro, uno qualsiasi: trovò
posto presso un call center di una ruggente società di assicurazioni.
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