lunedì 27 maggio 2013

parte 21.2



Dirigendomi verso casa di Carla mi chiedevo perché lo facevo, forse glielo dovevo? Fra noi era tutto finito, ma in fondo le volevo bene ancora, ci siamo amati, non potevo rinnegare ciò che avevo provato e quindi non potevo far finire tutto nella totale indifferenza.
Eravamo stati l’uno la metà uno dell’altra. Mi piaceva questa definizione, e la sentivo quanto mai vera e mia.
Cerchiamo la nostra metà anche per tutta la vita, è la meta del nostro viaggio sulla terra.
Non sono un credente nel senso strettamente religioso, ma credo nello spirito, magari strettamente legato al fisico, in ognuno di noi c’è una spiritualità, che poi ognuno gli dà il nome che preferisce. Secondo me, la metà che cerchiamo non è un qualsiasi partner, o moglie, o amante è proprio la meta che ci manca, la parte che ci completa. E’ come se alla nascita qualcosa di noi si fosse scissa e finita chissà dove. Noi la cerchiamo, la dobbiamo trovare, ma deve essere quella, non una qualsiasi.
Come due pezzi di un puzzle.
Altrimenti non saremo mai completi. Né contenti.
Io l’avevo trovata e poi perduta.
Porcaccia la miseriaccia
Stavo per attraversare la strada senza guardare, distratto dai miei pensieri pseudo-neuro-psico-filosofici che un autobus mi sfiorò il naso di pochi centimetri. Forse anche qualche cosina di meno: dovevo smetterla di farmi pippe mentali! E dovevo svegliarmi! Cazzo!

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