Sweet home Alabama vibrava e
suonava dalla mia tasca. Dal display del telefonino lampeggiava il nome di
Carla. Lo guardai per un po’. L’ultima volta che ci avevo parlato era in
ospedale. E troppe cose erano successe. O sfuggite di mano. Non avevo voglia di
parlarle. Premetti il tasto rosso che mi negava all’interlocutore. Continuai la
conversazione con il mio amico Graziano Graz the Ganz e una delle sue tante amiche.
Bravo lui: non si innamorava mai. Di nuovo il telefonino, di nuovo i Lynyrd
Skynyrd con Sweet home Alabama, di nuovo quel nome che volevo scordare. Questa
volta premetti il tasto verde, avrei voluto dire solamente brutte parole.
“Pronto” dissi con voce scocciata.
“Almir era qui…” poi singhiozzi.
“Natasha la mia collega è morta…anzi no… l’hanno uccisa”
Poi un pianto.
“Carla spiegati, cos’è successo?”
Ancora pianti
“Carla, dimmi come stai ora, ti
hanno fatto di nuovo del male?”
“no… no… sto bene, ma Natasha…
l’hanno uccisa, ovvero è morta, ma sono convinta che sono stati loro.”
“Gli albanesi?”
“Sì”
“Dove sei Carla?”
“ A casa…”
“Ed Almir cosa ti ha fatto?”
“Niente… è stato gentile… anche se
la sua gentilezza era… alquanto minacciosa.”
“Vengo da te…”
Chiusi il telefonino.
Forse non aspettavo altro che
pronunciare quelle parole, o forse glielo dovevo. Probabilmente tutte e due le
cose.
Mi rivolsi a Graziano e gli dissi
che dovevo andare.
“ Problemi?”
“ Sì, e parecchi a quanto sembra.”
“ Posso aiutarti?”
“ Adesso no.”
“ Se ti servo, chiamami.”
Lo ringraziai. Anche se lo avrei
mandato al diavolo: in parte era colpa sua di tutto ciò, fu lui a portarmi per
la prima volta al Venezuelos.
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