
Suonò il campanello. Mantenne fede
alla promessa appena fatta. Le volevo chiedere qualcosa, ad esempio come stava…
Ma mi fermò. Fermò le mie domande mettendomi il suo dito indice di traverso
sulle mie labbra, mentre con l’altra mano mi sfiorò il petto. Le parole si
eclissarono con il soffio carezzevole del suo bacio. Appese il capotto
sull’attaccapanni vicino all’ingresso, si tolse le scarpe, quindi il resto dei
vestiti scivolarono, senza far rumore, giù sul pavimento. Si diresse in camera
alla volta del letto a baldacchino. La guardai e vedendo, nelle sue sinuose
curve, uno splendido Stradivari, appresi di essere un talentuoso pronto a
suonare tutte le opere per archi di Brahms. E null’altro teneva importanza.
La Buoilabaisse poteva
aspettare, ero certo che di suo non avrebbe avuto nulla da ridire.
Ci perdemmo uno nel corpo
dell’altra. Era un gioco diverso dalle altre volte. Era un gioco fatto di baci
ed abbracci. Di carezze e di tenerezze. Di parole e di confessioni, quelle che
si fanno agli amati, quelle che alcuni dicono per circostanza, ma nuove per noi
e soprattutto affatto scontate.
Ricordo che alla radio passò una
nuova canzone di una bianca promessa della musica soul, Adele. Quella musica,
ogni volta che la risento, mi riconsegna a quel momento. Fu il giorno più bello
passato con lei che io possa rammentare.
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