lunedì 12 novembre 2012

parte 11.1



Carla mi chiese conferma di ciò che provavo per lei. Ero come in difficoltà, dirle che l’amavo mi sembrava, per quanto veritiero, dozzinale. Volevo dire molto di più, ma non mi uscivano le parole giuste. Mi chiese allora di scriverle qualcosa, forse così mi sarebbe stato più facile.

Il giorno dopo le scrissi un biglietto a mano, su una carta pergamenata, poi comprai una piccola cornice di ceramica di una contessa altoatesina, da porre su un piano. Ci infilai dentro queste parole:

Potrei dirti che ti voglio bene, ma mi appare poco,
potrei dirti che ti adoro, ma non è abbastanza,
potrei dirti che ti amo, ma te l’ho già detto,
potrei dirti che sei dentro di me, nei mie pensieri, sulla mia pelle,
o dirti che mi sembra di respirarti,
e poi di essere l’aria che entra nel tuo corpo.
Come se tu fossi all’interno di me e poi io dentro di te.
Ma preferisco che tu, guardandomi negli occhi,
possa scoprire questo e quanto altro ancora provo,
che non so dire
e che non so scrivere,
perché non esistono le parole.



Preparai il tutto in una mattina soleggiata che lasciava intravedere la possibilità che presto sarebbe arrivata la primavera. Mi sembrava, forse, anche per questo motivo meteorologico la giornata giusta per farlo. Arrivava la primavera, ovunque. Lasciai la cornice e le mie parole sul comò, in camera da letto. Non le anticipai nulla, volevo assaporare la sua reazione naturale. Non forzata da un annuncio.
 

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