I tre poliziotti si avvicinarono ai
ciclisti ancora esterrefatti per avere incontrato quella mattina una donna
orribilmente morta sulla loro spensierata via, lontano dalla strada, dai rumori
e dal caos.
“Sono l’ispettore Franco Martini
della squadra mobile di Opicina” Si qualifico l’agente più anziano.
Risposero i loro nomi quasi in coro
i tre ciclisti, infreddoliti dal stare fermi con addosso tutine adatte ad
atleti dai sforzi muscolari intensi e continuati, non sicuramente adatte a dei spettatori
di morte.
“Immagino che abbiate chiamato il
113 appena visto il cadavere, avete toccato qualcosa?”
“ Sì abbiamo chiamato subito e no,
non abbiamo toccato nulla” Rispose Giuseppe Collavini, quello che sembrava il
“capo gita”.
“ Siamo tre pompieri della caserma
di Opicina e senza questi caschi da ciclista e con la nostra divisa
probabilmente ci avrebbe già riconosciuti.” Disse togliendosi gli occhiali
specchiati che portava.
“Accidenti vero, ora la riconosco, se
il mondo è piccolo, Opicina è meno che piccolissima. Questo mi semplifica un
po’ le cose. Vi lascio procedere, passate più tardi presso il nostro
commissariato così ci firmate una breve dichiarazione.”
“Come vuole ispettore.”
“Non ci sono problemi dottore, le
auguro una migliore continuazione.”
“Credo sia difficile il contrario…
ma non impossibile… saluti.”
Giuseppe Collavini era il vice
comandante della caserma dei pompieri di Opicina e spesso i due si erano
trovati nello stesso posto per lo stesso motivo. Magari per estrarre una
persona da una macchina accartocciata dopo un incidente o solamente per tirare
giù da un tetto un rumoroso gatto in amore.